I mercanti di schiavi dell'era digitale

  • 07/02/2017 21:42:00

<p>Sono un po’ di anni che il mio cervello ravana su questo argomento, per uno o più motivi non ne avevo mai scritto.</p>

Sono un po’ di anni che il mio cervello ravana su questo argomento, per uno o più motivi non ne avevo mai scritto.

Sono un po’ di anni che il mio cervello ravana su questo argomento, per uno o più motivi non ne avevo mai scritto. Resta però il fatto che negli ultimi anni la situazione – per quello che posso dire – sembra non voler migliorare, e allora perché continuare a trattenersi.

Sono in bilico tra due definizioni, perché a seconda del caso può essere più giusta l’una o l’altra. Quindi beccheggio tra mercanti di “bestiame” e di “schiavi”. Perché nell’epoca moderna pensavamo che fosse estinta? Parrebbe di no.

Scenario.

Giunge l’ignaro “capo” di bestiame davanti al processo di selezione, fatto spesso di gente che sa valutare solo l’aspetto esteriore del medesimo. Quindi lo osserva, lo valuta con “attenzione” e, se ben vestito e profumato, passa al passo successivo. Viene presentato al cliente al quale vengono propinate caratteristiche che il cliente desidera, ed esso, ammaliato da tanta efficienza, preparazione e – diciamolo – presenza del capo proposto, decide di acquistarlo. Lo sventurato capo di bestiame viene quindi buttato in una specie di mattatoio nel quale la regola è sopravvivere, senza che gli vengano dati i mezzi per riuscirci. Tanto, se non riesce a sopravvivere, viene annientato dall’ambiente e “sputato” fuori come un avanzo. E questo ciclo continua ad oltranza.

Lo so, lo scenario è piuttosto cruento, ma rende perfettamente l’idea. Se ha fatto impressione, potrebbe rendere più facile l’assimilazione di alcuni concetti di base. Tanto per dire quello fondamentale, il fatto che il capo di bestiame sia un individuo, che a scapito di quello che gran parte della gente crede, è dotato di una sensibilità e dignità che gli appartengono… ma in qualità di bestiame (o schiavo) ne viene deturpato rimanendo, agli occhi di un foglio di calcolo (perché “calcolatrice” è già un po’ fuori moda) è una “duracell” che rende un “x” al mese.

L’ignaro (o sventurato) candidato alla ricerca del lavoro della sua vita invia CV quando vede – giustamente – posizioni aperte in quello che è, o che vorrebbe, essere il suo lavoro ideale. Perché alla fine tutti cercano un proprio ideale di lavoro, ed è giusto che questa scelta e possibilità esista.

Ma esiste anche una fascia di candidati che vengono contattati da abili ed audaci selezionatori che con frasi invitanti come “per un nostro importante cliente, abbiamo selezionato il tuo profilo perché risponde ai requisiti della posizione” nel tentativo di farti sentire un po’ meno miserabile di quello che già ti senti se sei alla ricerca di un lavoro, perché vorresti migliorare. E non si curano nemmeno di risponderti quando gli fai notare che, nella loro eccelsa capacità di ricerca, non si sono curati di leggere il profilo che dice “non sono alla ricerca di nuove opportunità di lavoro” (ne ho collezionate 10 in 4 mesi, per cui parlo per esperienza diretta).

Quindi l’ignaro (o sventurato) candidato viene pescato nella mischia da un esperto selezionatore, manager o leader incontrastato (perché fa figo nella firma elettronica dell’e-mail) che lo colloquia facendo domande di profondo valore professionale. Quindi le valutazioni possono essere fatte su una base di esempio quale:

  • Sai usare Google? Perfetto – SEO manager
  • Mai sentito nominare Java? Ottimo – Senior Developer
  • Sai usare le e-mail? Grande – Communication Manager
  • Sai usare Excel? Ideale come DBA

Esagero, ma dopo aver visto le lettere di candidature che volevano (e me la sono andata a riprendere):

  • Un DBA MSSQL, MySQL, Oracle e Postgres, che sappia programmare T-SQL, PL/SQL, e Java e X anni di esperienza in un ruolo analogo.
  • (addendum mio) costituisce titolo preferenziale se sapesse anche 4 lingue, tra cui arabo e cinese mandarino, saper fare la respirazione bocca a bocca e occasionalmente anche le frittelle.

Qualcuno dovrebbe dire all’esperto selezionatore che una simile posizione – sul mercato – non esiste. Almeno fino a che non iniziano a cercarlo loro e, cosa ancora peggiore, venderlo al cliente come cosa “reale”.

E quindi si passa al mattatoio, che realmente non sarebbe così una cosa drammatica se non fosse che in mancanza di un minimo di direzione, queste persone si trovano dopo poco coinvolte in una situazione drammatica di lavoro spesso delirante che li costringe a orari pazzeschi, responsabilità mai concordate per progetti in ritardo non per causa loro, dal momento che sono entrati e si sentono già dire che “sono in ritardo di due settimane sulla consegna”… e si guardano in giro dicendosi… “ma se non ho nemmeno appoggiato il culo sulla sedia!?”.

La realtà di questa tragicomica situazione è che i risultati sono agghiaccianti.

Abbiamo persone che si trovano demotivate a fare un lavoro che non dà loro nessuna soddisfazione. E vorrei ben vedere, se non riesci a trovare un luogo in cui imparare e costruire qualcosa, ma sei unicamente una persona che deve spalare carbone e buttarlo nella caldaia perché la macchina a vapore continui ad arrancare avanti (invece di costruire un fottuto impianto a propulsione nucleare, e viste le capacità di alcuni individui, ne siamo più che capaci).

Si creano – come le ha definite un responsabile di un’azienda per cui feci una consulenza – dei “buchi neri” che assorbono budget delle aziende, cifre importanti, senza mai vedere una luce, perché manca un orientamento. Si può fare tutto, ma a furia di seguire il motto “correre correre” abbiamo masse di persone che corrono in una nebbia manageriale solo ed esclusivamente per andare a sbattere contro un muro di roccia.

Uccidiamo le persone nel loro spirito. Perché in una simile situazione non è possibile pensare che ci sia fiducia in un sistema che è una delle origini del problema. Le figure perdono di valore, come titoli del Venezuela, e quindi per quanta esperienza e bravura abbia una persona, invece di dargli la possibilità di migliorare ulteriormente a livello individuale, o estendere le sue capacità ad un gruppo di individui, egli viene annientato professionalmente perché tanto è uno dei 10.000 che possono essere usati al suo posto.

Uccidiamo il mercato, perché diventa una continua gara al ribasso. Le persone vengono letteralmente “vendute” al prezzo più basso che consenta a chi le “compra” di guadagnare anche solo un 3-4% pur di riuscire ad accalappiare qualcosa, un qualche grosso cliente che non garantisce nulla più che una continuità lavorativa, sfruttando la necessità di questi per mantenere un fatturato. Un fatturato che, guarda caso, contando i “capi di bestiame” che ha al suo seguito riesce a raggiungere un numero considerevole.

Per fortuna questo sistema non uccide le aziende che abbiano un minimo di know-how e skill, che abbiano deciso di puntare più sulle persone che sui numeri.

Perché laddove si dovesse togliere gli individui di una realtà che li vede solo come dei “prosciutti” da vendere all’etto, visto che questi non hanno un Leader (volutamente in maiuscolo) da seguire che li abbia saputi valorizzare opportunamente e nei loro punti di forza, queste realtà non hanno nulla. A cominciare dalla fiducia e lealtà dei propri “prosciutti” (in effetti pensarmi prosciutto non è esattamente una bella immagine).

E ci tengo a sottolineare una cosa. L’ho detto all’inizio, e lo ribadisco. Non è un fare di tutta l’erba un fascio, ma la situazione non è eccessivamente distante dalla mia drammatizzazione, sebbene mi abbia malinconicamente divertito descriverla. Sentire racconti di persone che si sono trovate coinvolte in questo tipo di situazioni non è mai stato piacevole, e capita fin troppo spesso. Fin troppo spesso ci sono persone che vengono messe in secondo piano perché “troppo costose rispetto alla pregiata società XXX spa che invece mi fornisce un Senior Super Specialist che in 6 mesi mi risolverà il problema che tizio mi risolverebbe in uno”.

 

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